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Mkhitaryan: “Inzaghi non lo dimentico. Ecco che cosa è successo a Monaco”
Mkhitaryan svela retroscena sul passaggio all’Inter, il rapporto con Inzaghi e il rispetto per Chivu: “Volevo chiarezza e fiducia”.

Nell’ultima giornata del Festival dello Sport di Trento Henrikh Mkhitaryan, centrocampista dell’Inter, ha presentato il libro, ‘La mia vita sempre al centro’. Intervistato da Filippo Conticello de La Gazzetta dello Sport ha toccato tanti tremi, tra cui anche quelli legati al mondo nerazzurro.
Inter, Mkhitaryan: “Chivu ha un grande futuro”
Sul primo approccio con l’Inter: “Al secondo anno a Roma Piero Ausilio mi chiamò dicendomi che mi voleva all’Inter e io risposi che andava chiuso entro il 31 maggio avendo un’opzione per restare. Lui disse che doveva vendere due giocatori e io non volevo aspettare, dicendo che magari avremmo fatto qualcosa dopo. Da lì non ci siamo più sentiti. Alla terza stagione, con Tiago Pinto discutevamo del rinnovo; lui sapeva che Roma mi piaceva e avrei voluto finire la carriera lì però forse non mi hanno capito e volevano fare le cose a modo loro. Io a quel punto dissi no ad un 1+1, perché volevo sicurezze.
Giocando poi contro l’Inter una partita persa 3-1, Ausilio mi ha richiamato dicendomi che Simone Inzaghi mi voleva molto. Noi eravamo ancora in corsa per il campionato e dovevamo giocare in finale di Conference. L’Inter mi propose due anni fissi, la Roma non era stata chiara. Mourinho forse non sapeva nulla ma vedendo cosa succedeva dissi che non potevo restare perché non mi potevo fidare dei dirigenti. Decisi di lasciare e per Mourinho era già tardi, litigò con Tiago Pinto e disse di parlare con lui. Ma io avevo dato l’ok all’Inter”.
Sul rapporto con Simone Inzaghi: “Non si dimentica, ho passato 3 anni bellissimi. Mi ha ridato una seconda giovinezza. Ad Udine, quando mi ha tolto dopo 32 minuti, pensavo che fosse come gli altri che si sono comportati male con me. Poi dai giornali ho capito che era un abitudine dopo un cartellino giallo. Inzaghi per me è stato un allenatore, un papà, un amico ed è uno che conosce il calcio. E’ stato fondamentale per l’Inter nell’ultimo triennio”.
Prosegue: “Le voci sull’addio di Inzaghi? La gente parlava più del fatto che lui potesse andare via piuttosto che eravamo arrivati in finale di Champions. Ci ha un po’ disturbato. Lui è stato chiaro. E’ rimasto più l’orgoglio per il percorso fatto l’anno scorso o il trauma per come è finita? Tutte e due. Quello che fai è un percorso molto difficile, non arrivi alla finale di Champions senza fare nulla. Ci sono anche i giudizi della stampa e dei tifosi. Sono orgoglioso perché abbiamo fatto una stagione buona e lunga però abbiamo perso tre titoli in tre settimane. E’ la regola del calcio: si vince o si perde. Dall’altro lato c’è il rimpianto. Siamo una squadra abituata a vincere dei trofei e l’anno scorso non abbiamo vinto nulla”.
Su Chivu: “Non dimentico che ho 36 anni, e tra qualche mese ne compirò 37. La mia voglia è ancora tanta, ma bisogna anche comprendere le scelte della società e dell’allenatore. Sono pronto ad aiutare lui e la squadra giocando una partita a settimana, non come accadeva in passato. Se avessi avuto 22, 23 o 24 anni, probabilmente avrei parlato con la società. Ora, sapendo di non essere più quello di qualche anno fa, cerco di dare tutto in una partita a settimana. Accetto ogni decisione che Chivu prende per il bene della squadra. È un allenatore che vuole migliorarsi giorno dopo giorno e ha davanti a sé un grande futuro.”
Sulla finale di Istanbul contro il Manchester City: “A Istanbul andammo come vittime sacrificali del Manchester City però abbiamo fatto vedere a tutti che ce la potevamo giocare alla pari e pure vincere facilmente dimostrandoci superiori a tratti. Magari non avevamo troppa tensione e troppe aspettative e abbiamo fatto molto bene”.
Su quella di Monaco: “Ci siamo bruciati perché, secondo il mio pensiero, le 4 partite super contro Barcellona e Bayern ci hanno portato a pensare che potevamo vincere anche col PSG e lì è stato sbagliato tutto. Dalla mattina fino all’ultimo momento”.